STORIA

VAREDO.  Un nome conosciuto in quasi tutto il mondo. Un paese che ha al posto del cuore un complesso industriale grande quasi due volte la Fiera di Milano. Un punto d’incontro per tutti i dialetti d’Italia intorno alla parola SNIA.

L’etichetta SNIA venne apposta a Varedo nel 1927, ma lo stabilimento esisteva già da due anni sotto il nome della “S.A. SETA ARTIFICIALE VAREDO” si trattava di un modesto stabilimento di produzione del Rayon con il sistema a Bobina, con una capacità produttiva di 1000 tons. annue. In quel tempo i sistemi di produzione erano ancora rudimentali e l’unica fibra artificiale prodotta era il Rayon, cioè la fibra cellulosica continua: ma la SNIA era un’azienda proiettata verso il futuro, sempre alla ricerca di novità: fu proprio la SNIA ad attuare per prima sul piano della ricerca e poi sul piano industriale la fibra corta, cioè un tipo di fibre cellulosica (il così detto “FIOCCO”) adatta alla lavorazione cotoniera e laniera. In tal modo veniva aperto alle nuove fibre create dall’uomo, il campo fino a quel momento riservato alle fibre tradizionali, della parte di gran lunga più importante dell’industria tessile.

Anche Varedo  fu coinvolto nella svolta innovatrice attuata dalla SNIA: nel 1936 veniva decisa la trasformazione dell’impianto Rayon da Filatura a Bobina a Centrifuga, secondo le più moderne tecnologie produttive del tempo, e veniva affiancato un impianto per la produzione di Fiocco Viscosa. Terminati i due impianti, la capacità produttiva risultava di 3000 tons. per il Rayon Centrifugo e di 20.000 tons. per il Fiocco.

Durante la guerra, dopo un primo periodo di attività quasi parossistica, le cose si mettevano al peggio: venivano a mancare sempre più la materia prima e l’occupazione tedesca metteva alla fine in pericolo operai e impiegati, con rischio gravissimo di invio in Germania degli uni e degli altri: la direzione SNIA lottò contro questi pericoli con tutte le forze e con tutti i mezzi, ricorrendo a tutti i possibili stratagemmi, non di rado con gravi rischi personali dei dirigenti, riuscendo a preservare la fabbrica dallo smantellamento e ad impedire l’invio in Germania degli operai.

Alla fine delle guerra, il danno più grave era quello dell’arretratezza tecnologica in cui si trovavano gli impianti: fuori dall’Italia la tecnica si era rapidamente evoluta, e la SNIA era caduta da posizione di avanguardia a posizioni di preoccupante arretratezza, con gravissimo danno per le sue possibilità di esportare sui mercati di tutto il mondo; proprio la SNIA, che era stata prima della guerra la maggior esportatrice di fibre cellulosiche d’Europa. Una delle massime conquiste della tecnologia nel settore era stata quella delle macchine per la filatura in continua. La SNIA decide di adottarle: si tratta dei primi filatoi di questo genere che venivano istallati nel continente europeo. Il programma dell’istallazione dei nuovi filatoi in continuo per la produzione di Rayon Tessile e di Rayon Cord per pneumatici venne portato a termine nel periodo che va dal 1948 al 1952. Con gli impianti di “Filature in Continue” lo stabilimento di Varedo divenne da quel momento lo stabilimento di punta della SNIA.

In questo stesso periodo maturava nella direzione SNIA la decisione di inserirsi tra le aziende produttrici delle più moderne fibre tessili create dall’uomo: le fibre sintetiche. Le fibre sintetiche, di nascita relativamente recente, rappresentano un fatto assolutamente nuovo. Non si trattava più di rendere filabili attraverso trattamenti chimici una materia esistente in natura, come nel caso della cellulosa per le fibre artificiali, ma si trattava addirittura di trarre fibre tessili da una materia creata attraverso una sintesi chimica e quindi non esistente prima. Una rivoluzione tecnica ed economica destinata a segnare una svolta decisiva nell’industria tessile mondiale.

La prima delle nuovissime fibre sintetiche era stata il NYLON, appartenente alla categoria delle cosi dette fibre poliammidiche: a questo seguirono numerose altre fibre sintetiche, con caratteristiche diverse a secondo della “famiglia” di appartenenza; ma le categorie che ebbero più vasta e generale affermazione furono, oltre a quelle poliammidiche, quelle delle acriliche e quelle delle poliesteri.

Avendo intuito che quella delle fibre sintetiche era la strada del futuro, la SNIA avviò presso il proprio Centro Sperimentale di Cesano Maderno, convenientemente potenziato, gli studi per la ricerca di un procedimento originale per la produzione delle fibre poliammidiche, a conclusione del quale venne lanciata sul mercato la prima fibra poliammidica SNIA: un “Nylon 6” che fu battezzato con il nome “LILION”. L’impianto per la produzione su scala industriale del lilion fu istallato proprio a Varedo ed iniziò la sua attività nel 1954 con una produzione di circa una tonnellata giorno. Negli anni successivi l’impianto lilion è stato ampliato a più riprese con l’aumento delle linee di filatura e la creazione di reparti ausiliari per la trasformazione del filato, come l’Orditura per Maglieria e lo Stiro.

NYLON 6
POLIESTERE

 

Al lilion tessile si è aggiunta in seguito anche la produzione del lilion cord. Un evento clamoroso fu costituito dal comunicato emesso il 22 marzo 1960 dalla “Allied Chemical Co”, una delle maggiori aziende chimiche degli Stati Uniti e del mondo intero. In tale comunicazione la grande azienda americana annunciava la costruzione di un nuovo stabilimento nella Carolina del Sud per la produzione di lilion su progetto SNIA, con procedimento e assistenza tecnica SNIA e con macchinario costruito in buona parte negli stabilimenti meccanici della SNIA. Era, in sostanza, la riproduzione dell’impianto lilion di Varedo nel South Carolina: l’evento era clamoroso soprattutto per l’aspetto tecnico, in quanto l’America è stata, come è noto, la patria del nylon: e tuttavia una grande azienda americana dimostrava di apprezzare  a tal punto la tecnica SNIA da costruire secondo questa tecnica un grandioso impianto di produzione.

Altri eventi del genere si univano ben presto a questo primo, in numerosi Paesi del mondo. Del resto, il successo del lilion SNIA si profilava in tutta la sua portata quando, nonostante il ritardo con cui era apparso sul mercato rispetto alle altre fibre poliammidiche italiane, superava tutte le altre sia per qualità prodotta che per quantità esportata. Ma la SNIA, una volta entrata come azienda produttrice nel settore delle fibre sintetiche, non poteva fermarsi alla fibra poliammidica; in questi ultimi anni essa ha completato la gamma delle fibre sintetiche prima con una fibra acrilica, il “Velicren”, poi con una fibra poliestere, il “Wistel”: quest’ultima viene prodotta a Varedo e la produzione è in continua espansione.

IRMO (Carolina del Sud)

Anno 1965 massima espansione occupazionale con 6000 dipendenti più 1000 operai di imprese esterne. Nello stabilimento di Varedo si entra da un portone centrale che dà su un ampio spazio confortato da pini e tagliato da larghe strade parallele tra aiuole verdi. Il fronte dello stabilimento vero e proprio appare come un esile corpo centrale a forma di pennoni di ideali bandiere.

Quelle che vediamo entrando, sono gli impianti di  Rayon Centrifuco e Fiocco Viscosa: mentre dall’altra estremità dell’enorme agglomerato vi è l’impianto LILION.

DIRETTORI
   1930 ing. Piero CROSTI
   1945  dr. Luigi PERONE
   1960  dr. Daniele SALOM
   1968  dr. Arturo RIVA
   1969  ing. Antonio GIULIANI
   1977  pro tempore dr. GROSSO
   1978  ing. Renato ROMANO
   1985  dr. Vittorio BENETTI
   1992  ing. Angelo SOZZANI
   1998  dr. Novello LEONCINI.

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1980: entrata della FIAT come azionista di maggioranza.
1981: nasce la “SNIA FIBRE” scorporata dalla SNIA Centrale.
1992: nasce la “NYSLTAR” dalla joen-venture con la Rhone Poulenc.
1925 Nasce sotto il nome di “S.A. Seta Artificiale Varedo” per la produzione di filo cellulosico da filatura bobina
1927 Acquisita dalla SNIA VISCOSA che costruisce un nuovo impianto per la produzione di “FIOCCO VISCOSA”
1930 1°Direttore di Stabilimento, ing. Piero CROSTI
1936 Trasformato l’impianto Rayon Bobina a Rayon Centrifugo
1945 2°Direttore di Stabilimento dr. Luigi PERONE
1948-52 Costruiti due impianti, uno per la produzione di RAYON CONTINUO TESSILE e l’altro per il RAYON CORD
1954 Costruito un nuovo impianto per la produzione di filati sintetici “LILION” (nylon)
1956 Costruito un nuovo impianto per la produzione d filati sintetici “WISTEL” (poliestere)
1960 3° Direttore di Stabilimento dr. Daniele SALOM
1965 Costruita nuova CENTRALE TERMOELETTRICA
  Raggiunto il massimo sviluppo d’occupazione, 6000 dipendenti + 1000 operai d’imprese esterne
1968 4° Direttore di Stabilimento ing. Arturo RIVA
1969 5° Direttore di Stabilimento ing. Antonio GIULIANI (in sostituzione dell’ing. Riva deceduto prematuramente)
1970 Scioperi e blocco dello Stabilimento (23 gg.) Inizio del declino della SNIA VAREDO
1974 Chiusura impianti Viscosa: Rayon Centrifugo, Continuo Tessile e Cord
1977
Direttore di Stabilimento prò tempore ing. GROSSO
1978 6° Direttore di Stabilimento ing. Renato ROMANO
1980 Chiusura impianto poliestere Wistel
1982 Chiusura totale degli impianti: Preparazione e Flocco Viscosa
1985 7° Direttore di Stabilimento dr. Vittorio BENETTI
1992 8° Direttore di Stabilimento ing. Angelo SOZZANI
1998 9° ultimo Direttore di Stabilimento dr. Novello LEONCINI
2003 Chiusura totale dello Stabilimento
1952
AGLI OCCHI DEI DIPENDENTI LA SNIA VISCOSA DI VAREDO
Aiuola ingresso stabilimento

Lo Stabilimento sembra una serra; tu entri dal gran cancello, ti lasci alle spalle la palazzina degli uffici, e ti trovi in un superbo giardino con le sue aiuole verdi, con i suoi alberi pettinati e festosi, con i suoi spaziosi viali. Al di la di questo giardino, che è grande come una piazza d’armi, sorge quella che abbiamo chiamato la serra, cioè lo Stabilimento vero e proprio. Un esile corpo centrale, che presenta allo sguardo una parete ricurva simile all’abside di una chiesa gotica, s’appoggia ai lati a due immense ali di vetro, appena segnate dalle nervature bianche del calcestruzzo: c’è nella forma, la morbida linea della rondine in volo, e nell’aerea leggerezza delle grandi vetrate il senso stesso del volo. Una costruzione bellissima, immaginata da un artista vero. Architetto Giuseppe DE MIN

Entrando nei reparti, questa impressione d’arte felicemente sposata alle necessità produttive dell’industria permane, anche se con volto mutato: quel che fuori era leggerezza, dentro è potenza nel perfetto dest-riga degli enormi serbatoi di soda, e nel sinis-riga dei serbatoi di soda solfuro vigilati dalle bianche colonne di termometri: potenza nella foresta lignea dei mastodontici tini di concentrazione, e nelle ordinate schiere dei filatoi sovrastati dal misterioso intrico delle tubazioni: potenza nei cumuli Immensi e squadrati del magazzino scorte, e nella interminabile aiuola delle rocchettiere, tutte fiorite del gentile candore delle rocche lucenti.

In questo contesto nasce la “DIVA” di Varedo, che non è una stella o una principessa decaduta, ma una nuova macchina di filatura in continuo, la meraviglia delle meraviglie, l’ultimo grido della tecnica: l’arte pura in fatto di filatura della viscosa. “Un simile entusiasmo, che ha fatto nascere tra le maestranze di Varedo questo curioso appellativo”. Una macchina che supera ogni fantasia: intanto non è una macchina, ma un intero stabilimento, o se volete un intero paese che lavora in perfetta sincronia; un esempio di come gli uomini dovrebbero essere, e non sono. Si, uomini perché, se la perfezione assoluta del movimento ti induce a pensare al prodigio della materia bruta resa viva dai miracolo meccanico, la coordinazione di tutti questi movimenti al loro fine naturalmente ti fa pensare irresistibilmente ad un’intelligenza umana. Gli “operai” di questo complesso prodigioso son tutti uguali, simili a neri cilindri segmentati in continuo movimento: essi sono allineati lungo le fiancate d’acciaio della macchina in righe di cento e in file di dieci, allineati e coperti, come si dice sotto le armi: un reggimento in parata, come nessuna piazza d’armi ha mai visto l’uguale.

Ciascuno di questi aspini ruota ininterrottamente su sè stesso alla velocità voluta e in questo ruotare accoglie il filo esile e continuo, lo trattiene per il tempo destinato alla manipolazione, lo cede al preciso istante determinato all’altro che sta sotto, il filo viscosa espresso dalla filliera si tuffa nella corrente rigeneratrice e diventa seta: ma seta impregnata di acido solforico, ancor tutta gialla di solfuro. Ecco che essa scende un gradino, trova l’omino nero e magico che l’avvolge attorno al suo corpo cilindrico, e la trattiene sotto il getto di una fontanella per il tempo necessario al fissaggio. Pronti, via. Altri omini, altri gradini, altre fontanelle, per i lavaggi, sbianca, finissaggio, strizzatura e asciugatura; infine, sull’undicesimo gradino, una veloce torsione e la bobina che ruota e si riempe.

 
Cronaca blocco Stabilimento 16 Maggio 1970

L’ASSURDA VICENDA DELLA SNIA DI VAREDO

Bloccato lo stabilimento per 23 giorni, senza ombra di giustificazione sindacale, da elementi per la maggioranza estranei all’azienda con l’intimidazione e la violenza. Gravissimi danni per la produzione ed enorme disagio per le famiglie di quasi 4000 lavoratori. Tutti hanno diritto di porsi questa domanda:” A chi è servito tutto ciò?”

Quello che segue è un racconto incredibile, ma purtroppo vero.

Inquadriamo bene la situazione. Siamo a Varedo, uno stabilimento in cui lavorano quasi quattromila persone. Da appena due settimane sono finite le agitazioni per il rinnovo del contratto: isindacati lo hanno firmato, le assemblee dei lavoratori hanno espresso la propria soddisfazione: anche a Varedo.

In quelle agitazioni si son voluti fare scioperi piuttosto pesanti, prima ancora che scadesse il vecchio contratto, prima ancora di iniziare le trattative per il nuovo: i promotori si giustificano dicendo che questa è la “tattica sindacale” per costringere l’azienda a cedere. Ma gli scioperi sono ore di lavoro non effettuate, e quindi non retribuite; anche le contemporanee agitazioni “politiche”, per cose cui deve provvedere lo Stato (casa, sanità, pensioni e via dicendo) si realizzano con scioperi che incidono pesantemente sulle buste paga dei lavoratori (e danneggiano senza giustificazione l’azienda che assolutamente non c’entra).

Se si lavora meno ore, si produce meno e si guadagna meno; se si lavora male a causa delle interruzioni continue, si produce con qualità scadente. Quindi i premi di produzione e gli incentivi, basati appunto sulle ore di lavoro, sulla produzione e sulla qualità, saranno minori. C’è un reparto che ha scioperato più degli altri, s’è astenuto dal lavoro quando gli altri lavoravano: alla conclusione del mese, è quello che ha lavorato e prodotto dimeno. E’ il reparto Stiro Lilion. Meno ore dilavoro, meno produzione di tutti: diconseguenza, il premio di produzione e di incentivo che va in pagamento il 12 maggio, è inferiore a quello degli altri reparti che hanno lavorato di più.

La differenza in meno, rapportata sulle buste paga, è dell’ordine di 2/3 mila lire a testa.

Il reparto Stiro Lilion, questa volta, non ci sta; o meglio, gli stessi che lo hanno indotto a scioperare più di tutti, inducono i tipi notoriamente più disponibili a fare un nuovo sciopero.

Sono quaranta quelli che si fanno convincere (quaranta  su quattromila, esattamente l’uno per cento) ad abbandonare d’improvviso il reparto: senza dare alcun preavviso, senza alcuna proclamazione di sciopero, senza che Commissione Interna e R.S.A. abbiano comunque interpellato la Direzione.

Questa è l’origine della vicenda di cui ora racconteremo gli incredibili sviluppi, seguendo giorno per giorno.

Quaranta (subito spalleggiati dai soliti commandos di professionisti pronti ad ogni chiamata, che s’infischiano altamente sia della Snia che dei lavoratori della Snia) hanno deciso per quasi un mese delle buste paga di quattromila loro  compagni di lavoro.

Gli ingressi dello stabilimento sbarrati dall’esterno con travi, catene, tondino di ferro per impedire l’ingresso ai lavoratori.
Armi contundenti abbandonate dai pichetti: tondini, sbarre di ferro e specialichiodi a quattro punte

CRONOLOGIA

12/05/1970 Alle ore 22,00 metà del personale di turno allo Stiro Lilion abbandona il lavoro senza preavviso.
13/05 Tutto il personale (1° turno) del reparto Stiro Lilion si astiene dal lavoro ad eccezione di20 operai.
14/05 Continua l’inattività parziale dello Stiro Lilion. Alle ore 22,00 valendosi dell’appoggio di elementi estranei, fatti accorrere appositamente da altre località, bloccano improvvisamente l’ingresso di tutto il personale del turno di notte dello stabilimento.
15/05 I picchetti continuano. La Direzione con due comunicati emessi nel corso della giornata ripete il suo invito al lavoro a quella parte della maestranza che è necessaria alla ripresa del lavoro secondo i tempi tecnici emergenti in quel momento. Alle ore 13,00 si presentano in i sigg. Percario, Tavormina, Lucchesie Norrito, a nome della R.S.A. per conoscere la situazione dello Stabilimento e le intenzioni dell’Azienda. A questi viene risposto che gli impianti sono paralizzati e si insiste per l’ingresso immediato di 160 persone secondo l’avviso pubblicato in nottata e che insieme a quelli ancora in fabbrica, potrebbero iniziare subito le operazioni di smaltimento dei semilavorati e di riavvio degli impianti. IR.S.A., escono senza dare risposta e da quel momento non si è più avuta alcuna comunicazione.
16-18/05 Visto l’insuccesso dell’appello del giorno 15, viene iniziato la messa in sicurezza degli impianti con la fermata totale.
23-25/05 Nel frattempo alcuni sindacati provinciali tentano di legittimare l’accaduto con volantini e comizi. Nella notte del 20 e 21vengono lanciate pietre ed esplosi alcuni colpi d’arma da fuoco contro le vetrate della centrale termoelettrica.
1-6/06 Su invito del ministro Donat Cattin nell’incontro tra le parti, vengono accettate le sue proposte così dal giorno 8 avviene gradatamente la ripresa del lavoro allo stabilimento di Varedo.

COMUNICATO

30 MAGGIO 1970

Il 30 maggi o la Snia, dopo 1 6 giorni dall’inizio del blocco dello stabilimento fa pubblicare sui giornali e distribuire ai lavoratori un suo comunicato ufficiale.

Eccone il testo:

Lavoratori,
da 16 giorni un gruppo di facinorosi vi impedisce di andare al lavoro con la violenza e con ogni mezzo di intimidazione.

Questa azione attuata senza alcun preavviso la notte del 14 maggio, con il blocco esterno dello stabilimento, non la alcun fondamento sindacale, è imposta con la violenza e viola le libertà sancite dalla Costituzione. Solo alcuni giorni dopo il suo inizio, alcuni sindacalisti, avanzando pretestuose rivendicazioni, hanno cercato di darle una qualche parvenza di vertenza sindacale: tentativo assurdo, anche perché attuato soltanto dopo 15 giorni dall’entrata in vigore del nuovo contratto di lavoro concluso con i sindacati e approvato dalle assemblee di tutti   gli stabilimenti.

Ciò vi pone nella dolorosa condizione di perdere con il lavoro il salario, con gravissimo disagio vostro e delle vostre famiglie.

Da parte nostra, nonostante il blocco esterno, vi abbiamo invitato quotidianamente, fin dal primo giorno, a riprendere il lavoro, dell’improvvisa  totale  paralisi degli impianti. Anche in una recente riunione all’Ufficio Regionale del Lavoro abbiamo formalmente ribadito questa nostra volontà, precisando che avremmo cercato di restringere al massimo i tempi delle operazioni per la ripresa del lavoro; nella stessa sede abbiamo anche dichiarato la nostra disponibilità alla contrattazione articolata nel preciso rispetto delle norme contrattuali e dei livelli competenti. Il giorno 27, malgrado tutto, malgrado il divieto ufficialmente comunicatoci dai sindacati nella stessa riunione all’Ufficio del Lavoro di pagare in stabilimento, malgrado il tentativo dei picchetti di impedirlo, abbiamo provveduto a corrispondervi un acconto sui salari. Il giorno 29, a seguito del nostro invito, parecchie centinaia di voi si sono presentati ai cancelli dello stabilimento nell’intento di riprendere il lavoro, ma solo 132 sono potuti entrare per l’immediato violento intervento dei picchetti che bloccano ogni entrata.

Gli atti di violenza ed il clima provocatorio e di intimidazione instaurato a Varedo e portato perfino nelle famiglie hanno originato reazioni da parte di altri lavoratori, con un tafferuglio a 200 metri dallo stabilimento.

Su questo incidente si è tentato di speculare prendendone pretesto per diffondere notizie assolutamente false, intese a far credere ad una reazione voluta dalla direzione.

Voi sapete benissimo come stanno le cose e qual è la vera situazione: voi sapete che lo stabilimento di Varedo è bloccato solo dalla volontà di un esiguo numero di persone, per la maggior parte estranee alla fabbrica, che non tutelano certo né i vostri interessi né interessi sindacali.

Siamo addolorati di non potervi garantire la libertà di lavoro e soprattutto per il disagio economico che questa situazione vi arreca. Mentre respingiamo sdegnosamente il vergognoso tentativo di linciaggio morale al quale è sottoposta in questi giorni l’azienda, ripetiamo, come ogni giorno, il nostro invito a riprendere il lavoro ed a riportare a Varedo un clima di serenità e normalità nei rapporti di lavoro.

CONCLUSIONE

Ventitré giorni di paga perduti.
Senza motivi validi, senza giustificazione possibile; senza vantaggio per nessuno, e tanto meno per i lavoratori.
Solo un enorme danno per la Snia.

Ma è venuto il momento di dire una verità fondamentale: chi assicura che il danno dell’azienda rappresenta una ”vittoria per i lavoratori” mente nella piena coscienza di dire una menzogna.

Gli unici a trarre vantaggio da questa assurda vicenda sono stati e saranno i concorrenti italiani e stranieri della Snia, che si sono accaparrati i contratti perduti dalla nostra Società per la mancata consegna della produzione di Varedo.

L’enorme aggravio dei costi di produzione derivano dalla lunga fermata, dalla perdita delle materie prime in lavorazione e dalle operazioni di riavvio del macchinario favorisce ancora e soltanto la concorrenza. Meno vendite, minori ricavi, maggiori costi significheranno inevitabilmente minori disponibilità per ammortamenti e per i nuovi impianti, maggiori difficoltà sui mercati del mondo; in una parola, meno posti di lavoro a disposizione, minori possibilità di futuri miglioramenti economici per i lavoratori.

Ecco tutto.

Da questa assurda vicenda viene un “segnale d’allarme” valido per tutti: può essere l’unica cosa buona che ne deriva. Stava diffondendosi tra le masse operaie il convincimento che “allo vi sciopero si deve sempre aderire”: Varedo ha dimostrato che è falso e pericoloso. Molto spesso le agitazioni sono provocate da elementi irresponsabili, e taluni dirigenti sindacali vi si fanno  trascinare per pura demagogia: occorre saper distinguere prima di dare la propria adesione. Il “campanello d’allarme” ha detto che c’è gente il cui unico scopo è quello di danneggiare e, se possibile, distruggere l’azienda: non importa se quest’azienda dà lavoro a migliaia di operai, se dà benessere e certezza del domani alle loro famiglie, se ha offerto possibilità di continui miglioramenti a quelli che vi hanno lavorato (negli ultimi tre anni gli aumenti sulle paghe sono stati pari al 55°/o). Ma al lavoratore importa. Alle loro mogli importa. Ai loro figli importa. A quelli che hanno lavorato nell’azienda per tutta la vita e che non troverebbero più lavoro altrove, importa.

Perché quella di migliorare è giusta esigenza; ma prima di questa, e per rendere possibile questa, è necessario difendere dagli aggressori palesi ed occulti la fonte del proprio reddito, la continuità del proprio lavoro.

Fori lasciati da colpi di arma da fuoco nelle vetrate della centrale termoelettrica
Vetri con armatura isolante interna rotti da sassi scagliati con fionda

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STORIA DELLO STABILIMENTO

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